giovedì 23 aprile 2015

GIORNATA MILANESE

Giornata Milanese di $pr€mitura!!!                   



Buongiorno cari sfigatelli… forse il “cari” dovrei toglierlo ahahahah Oggi voglio raccontarvi una giornata passata nella bella Milano con la mia Amica Regina Rossi. Parto da Torino per passare prima di tutto una splendida giornata con la mia amica, e poi mungere qualche vacchetta.

Arrivata a Milano, chiamo Regina per darci appuntamento in corso buenos aires. Da li a poco vengono chiamati i fortunati, che possono omaggiare sia me che la mia amica.

Prima tappa è ricatti: un nome una garanzia  ahahahhahahah;

Scarpine per me e ovviamente per la mia amica ^_^  Successivamente a pranzo…   preciso: noi comunemente al tavolo, i due slave sotto ahahahhahha.

Ogni tanto davamo loro qualche avanzo. appositamente

Terminato il pasto, continuiamo il nostro shopping, con ultima puntatina direzione sportello ATM. Qui, io e la mia amica  sprenniamo fino all’ultimo centesimo i soldi dei due  bancomat, prelevare con la bocca e serviti direttamente nelle nostre mani, in ginocchio: ecco il modo migliore di servire due Regine cosi generose!  Per  Il resto del pomeriggio, siamo state viziate anche da un altro human bancomat di proprietà della mia amica…. Per sapere  che cosa è accaduto a lui,  leggete il blog di Regina. ^_^


PENSIERI DI UNA VACCHETTA

Pensieri di una vacchetta! ^_^

In un misto tra paura e vergogna, nella mente ho un vortice di pensieri innescati dalla Sua voce. La parte nascosta di me emerge, inizia a farsi spazio mentre il caldo sale e il corpo inizia a fremere in un misto di vergogna, timore ed eccitazione. Ad ogni singola Sua parola o modo evocativo di chiamarmi il cuore sussulta, il respiro si accorcia o addirittura viene meno... una vampata di calore sale a far ribollire il viso mentre un gelido brivido scende lungo la schiena, causando sussulti e fremiti.

Il conflitto interiore in cui la vita di tutti i giorni predomina viene sbilanciato da un inconfessabile desiderio e bisogno interiore di sentirLa forzarmi ad essere qualcun’altro. Per l’esattezza, qualcun’altra. É sufficiente che la Sua voce mi chiami al femminile ed evochi il fatto che ai Suoi occhi io sia una “troia” e l’equilibrio viene totalmente stravolto. Inizio a sentire sussurrare bisogni e desideri interiori cui cerco di non dare ascolto per un disperato bisogno di mantenere intatta e integerrima la mia dignità.


Inizio a provare un interiore bisogno di far emergere un lato di me di cui per certi versi ho paura, da cui fuggo, che mi rincorre come la mia stessa ombra. Un lato che mi vuole incapace di proferire parola, in imbarazzo tale da essere sull’orlo di un infarto, annaspante, tremante e con le mani sudate. Un lato che non solo aspira e trae piacere dal farsi chiamare “troia”, ma che ama anche farsi trattare come tale... una cagna che può essere eccitata a piacere e a cui negare il piacere, che gode nell’essere tormentata tra imbarazzo e negazione dell’orgasmo, mentre qualcuno sopra di lei gode o trae piacere dalla sua ansia, dalla vergogna e dagli ansimi di sopportazione.


E nell’ansia generale anche una preghiera sotto forma di quieto lamento, troppo tenue per essere udito e sormontare quel briciolo di dignità che mi rimane a pensarci... la preghiera di aiutarmi ad imparare a comportarmi... un’imbarazzato, timido e represso istinto di ringraziare ogni singolo commento o nome evocativo con cui mi chiamano, frutto di un periodo passato in una sorta di lavaggio del cervello ed ammaestramento, rimasto più radicato nell’anima di quanto potessi immaginare. La preghiera che continua con una speranza di essere “costretta” a parlare al femminile, di dover assimilare e ammaestrare la mia anima a ripetere ammissioni su di me dietro istruzioni di qualcuno che possa trarne vantaggio... e magari piacere nel vedermi... costretta a violare i principi di integrità con cui cerca di affrontare la vita di tutti i giorni.


L’inquietudine e la paura aumentano quando il sussurro diventa un continuo sospiro nella testa che sussurra il desiderio di essere trattenuta in una condizione di difficoltà emotiva prolungata.. di essere interrogata e dover ammettere di quanto la vergogna di essere chiamata “troia” in realtà mi ecciti e mi tormenti interiormente... del fatto che c’è Chi non solo sa chi sia il mio alter-ego maschile, ma che ha anche delle foto in cui mi vede a pieno viso... che potrebbe riprendermi e fotografarmi ai Suoi piedi e violentarmi psicologicamente giocando sulla mia paura e la mia paranoia... una paura che per quanto io non manifesti, esiste e mi lascia col fiato sospeso ed incapace di andare a pensare oltre... e ciò nonostante incapace di negare il fatto di desiderare di sentire la Sua voce spingersi oltre e infierire sulla mia esistenza, accompagnandomi e avvolgendomi delle Sue emozioni lasciandomi incapace di potermi opporre...

POMERIGGIO DIVERTENTE

          Pomeriggio divertente! ^_^

Ecco il magnifico risultato di una seduta di spanking. Riesci a sentire il doloroso piacere che lasciano questi segni? Sì. sono certa di sì.
Sono anche certa che sai immaginare il mio sadico sorriso mentre ti faccio lo stesso trattamento, mentre ti rimprovero perché cerchi di prevedere dove cadrà il prossimo colpo.. o mentre cerchi di sottrarti al mio potere.. e immagina la mia soddisfazione mentre vedo la tua pelle diventare rosa, rossa, rosso fuoco; quando mi racconterai che è diventata blu, viola, nera.
Sarò appagata e soddisfatta di te, quando mi dirai che per giorni e giorni non ti sei potuto sedere comodamente.
Se vuoi, mi potrai anche supplicare di smettere, ma sarò sempre io a decidere come e quando finire il gioco.
Puoi essere tu il prossimo fortunato, sai? Ho un nuovo paddle, che desidero provare..



QUEL SABATO MATTINA

Quel sabato mattina di sei mesi fa…



Quel sabato mattina arrivai presto a casa sua e suonai il campanello. Lei sembrava che non avesse avuto mai alcun dubbio sula mia decisione. “Entra, è aperto” disse. Con un sorriso trionfante mi intimò: “sai quello che voglio, spogliati e mettiti in ginocchio davanti a me”. Il rito non era cambiato. Quello che era cambiato era la mia consapevolezza che da quel momento, e per i successivi sei mesi, non sarei più stato padrone della mia vita perché ogni decisione che mi avesse riguardato l’avrebbe presa lei.
Le regole che mi dettò non lasciarono alcuno spazio al dubbio su quello che mi aspettava. Sapevo che avrei sofferto, sapevo che forse mi sarei pentito, ma sapevo anche che osservare il viso trionfante della mia padrona rappresentava per me la più grande felicità che potevo provare.”
La regola base era molto semplice: “Non farai nulla se prima io non ti ho autorizzato”
Pensai che si trattava di un modo di dire tipico in una relazione D/s. Ma di lì a poco incominciai a capire che non era soltanto un modo di dire. Lei intendeva quella frase in modo letterale.
Infatti aggiunse: “Puoi respirare, perché è giusto che tu lo faccia, ma per il resto dai un taglio netto alle tue abitudini: mi chiederai permesso per qualunque cosa: come vestirti, cosa mangiare, quando riposarti, dove dormire, insomma tutto incluso anche per andare in bagno dovrai chiedermi il
permesso.” Ero ancora in ginocchio, nudo davanti a lei, che sentì un rumore dietro di me
C’era evidentemente qualcun altro in casa, ma non sapevo chi fosse. “Vedi” disse rivolgendosi alla persona sconosciuta alle mie spalle “ho deciso di prendere questa cagna al mio servizio per un po’ di tempo, cosa ne dici?”.
Senza aspettare risposta, si rivolse a me dicendomi: “tu dovrai ubbidire a me e alle mia amica come se fossi io stessa. Non ammetto alcuna mancanza di rispetto nei confronti di nessuna amica o amico che io debba ricevere in questa casa. Tu sarai sempre e dico sempre una cagna sottomessa in ogni situazione”. Da una parte volevo dire basta, non volevo più essere uno schiavo a queste condizioni. Una cosa è essere schiavi totali per uno o due giorni e un’altra era pensare di trascorre sei mesi, il periodo di tempo per cui avevo accettato di servirla, nella qualità di schiavo totale. Per di più sentendomi dire che sarei dovuto essere sottomesso a chiunque entrasse in quella casa, le sue parole erano “sarai sempre e dico sempre una cagna sottomessa in ogni situazione”. Trovavo quella frase inaccettabile. Ma per quanto volessi ribellarmi, non riuscivo a dire no. Anzi, nonostante il mio disappunto per quanto mi era stato detto, sentì crescere la mia eccitazione. Lei nel vedere la
mia eccitazione, si mise a ridere, commentando:”ma guarda che cagna che si eccita per così’ poco, sei proprio una troia.” Io mi vergognavo della mia eccitazione ma non potevo nasconderla in quanto ero in ginocchio nudo davanti a lei. Fu in quel momento che sentì arrivare una forte sberla sul viso.
Barcollai ma quasi contemporaneamente mi lascia scappare un timido “perché”. Lei con aria severa gridò: “non ti avevo detto che non puoi fare nulla senza il mio permesso?. Chi ti ha dato il permesso di eccitarti. Trovo questo tuo comportamento una grave mancanza di rispetto, ma ti passerà la voglia di disubbidire”Se rivolse alla sua amica che era ancora dietro di me per dirle di
procedere e senza che avesse ancora finito la frase sentì che la sua amica mi cingeva il collo con un collare attaccato ad un guinzaglio. Le due signore soddisfatte mi girarono intorno e ridacchiando commentarono tra di loro: “ecco, adesso si ricorderà di essere soltanto una cagna”, In  quel momento notai le fattezze femminili della sua amica, che tuttavia avevano un qualcosa di diverso:
era chiaramente una trav e il mio stupore lasciò presto il poto ad un disagio profondo. La padrona se ne accorse e ridacchiando, mi disse che era una sua amica e che benché uomo era superiore a me perché aveva dato spazio al suo lato femminile e che perciò l’avrei dovuta servire e ubbidire come se fosse stata lei stessa. Pur provando un forte senso di ribellione rimasi in silenzio.
Sentivo che la mia eccitazione cresceva per via delle parole della padrona, ma che allo stesso tempo tendeva a diminuire pensando alla  presenza di questa sua “amica” che io non gradivo. “In ogni caso” continuava lei “accorgendosi del mio disagio per non dire disappunto, “che ti piaccia o no, tu farai quello che voglio io”. Poi continuò:  “comunque non ti permetterò di eccitarti per il tuo piacere”. Sentì il guinzaglio che mi tirava in avanti e a quattro zampe fui costretto a seguire lei e la sua “amica” verso la stanza Iniziò così la mia vita da schiavo e nei mesi che seguirono imparai quali erano i miei compiti. La padrona e la sua “amica” non  lesinarono sforzi per farmi capire il mio ruolo. I miei compiti spaziavano dai lavori domestici alla cura della padrona. Servivo a tavola, servivo il caffè a letto alla padrona e alla sua amica o al suo amico quando quest’ ultimo trascorreva la notte con la padrona. La padrona si divertiva a vedermi umiliato e sottomesso dal suo amico,
così come da altre amiche che venivano a farle visita. Quando pulivo la casa dovevo farlo sempre in ginocchio. Lei diceva “sei una cagna, no?”. quando dovevo stare in piedi, oltre a dover chiedere il permesso, dovevo indossare le scarpe con tacco a spillo che mi aveva preso. Mi diceva: “vuoi stare in piedi, indossa le tue scarpe da troia, sei una troia,  no?” Io dovevo sempre rispondere di sì. Ormai non mi permettevo alcun segno di insofferenza né tanto meno di ribellione: avevo imparato ad  accettare il mio ruolo che poi era solo quello che in quel momento la padrona voleva che fosse.
Ormai ero diventato parte del arredo della casa. Avevo incominciato a non desiderare nulla di diverso per me. Sapevo che nel giro di un paio di mesi la padrona mi avrebbe liberato dal mio vincolo di schiavitù, ma arrivato a qual punto mi chiedevo se essere liberato era proprio quello che io desideravo.
L’ultima volta che l’avevo vista era stata quando mi aveva salutato dicendomi di non cercarla e che quando avesse voluto vedermi si sarebbe fatta viva lei.
C’ero rimasto un po’ male, ma sapevo che non avrei dovuto disubbidire.
Era passato più di un anno e io mi ero guardato bene dal cercarla. Sapevo che se l’avessi fatto dopo quello che mi aveva detto,  probabilmente, anzi sicuramente, avrebbe significato che non avrei mai più avuto l’opportunità di incontrarla Mi ero quasi dimenticato di quei tre giorni che avevo trascorso con lei, anzi avevo in realtà cercato di rimuovere dalla mia memoria il ricordo di quello che era successo in quella casa. Per lungo tempo, il solo pensiero di quello che avevo fatto, anche se mi dicevo che ero stato obbligato a farlo, mi disgustava.
Sentivo che ero stato obbligato a farlo ma sapevo che in fin dei conti ero stato io a mettermi nelle condizioni di essere obbligato a fare quello che poi avevo fatto. E quindi mi chiedevo se in realtà non ero stato io a volere tutto quello.
Sapevo che la psicologia di uno schiavo è molto complicata e io non facevo eccezione. Mi auto analizzavo e mi auto assolvevo dei miei eventuali sensi di colpa, anche se in realtà mi rimaneva un certo disagio dentro. Avevo vissuto in quei tre giorni di un anno prima un’esperienza che mi aveva reso consapevole soltanto di una cosa, e cioè che una volta ceduto il potere alla padrona, davvero non si ha diritto di tirarsi indietro. Certo, puoi cedere il potere per un’ora, un giorno, tre (come avevo fatto io in quell’occasione), oppure per un anno o per tutta la vita. Ma la mia convinzione rimaneva quella: se sei schiavo, sei schiavo e basta. La padrona fa la padrona e perciò fa con te quello che le pare e non ha bisogno di chiederti il permesso, perché altrimenti tu non saresti lo schiavo e lei non sarebbe la padrona. Sareste soltanto due persone che si divertono a interpretare dei ruoli, mentre in quel momento, avevo imparato, tu e lei siete davvero quello che dite di essere cioè una padrona con tutti i diritti e uno schiavo senza alcun diritto, anche se  è giusto che abbia un limite temporale perché tranne pochissimi casi non si può pensare ad un rapporto indefinito di schiavitù “assoluta” come la padrona aveva preteso che fosse quella mia esperienza di tre giorni di oltre un anno prima.
Mi cullavo in questi pensieri dopo che avevo ricevuto la sua chiamata. La padrona mi aveva detto che mi voleva vedere. Io ero cascato in confusione, perché in quel periodo avevo avuto altre esperienze in quanto ormai ritenevo che la padrona non era più interessata a me e pertanto ritenevo che non fosse neanche più la mia padrona.
Eppure quella telefonata mi aveva fatto rivivere le emozioni di un tempo e mi ero sentito in dovere (chissà perché mai) di rispondere subito: “sì Signora”.
Avevo detto di sì, e sapevo che sarei andato all’appuntamento che mi aveva fissato ma deciso a dirle che non era il caso di rivivere  quell’esperienza di un anno prima.
Sono trascorsi altri quattro mesi da quella telefonata e nonostante la mia ferma decisione di dire “no, grazie”, sono qui in ginocchio a casa della padrona. Sono nudo è sono in attesa che la padrona rientri a casa, apra la porta dell’appartamento e ferma sulla soglia aspetti, come mi ha ordinato di fare sempre che torna a casa, di baciarle i piedi in segno di sottomissione e benvenuto.
Quando l’avevo incontrata quattro mesi fa, l’avevo salutata rispettosamente baciandole la mano e dopo alcuni convenevoli in cui era prevalsa una totale parità tra me e lei, avevo incominciato a notare che il suo atteggiamento nei miei confronti si era in qualche modo irrigidito. Lo trovavo assurdo visto che non ritenevo esistesse più un rapporto di dominazione e  sottomissione  tra lei
e me, eppure più lei si irrigidiva nella sua veste autoritaria, più io sentivo venire meno le mie certezze. Lei si era accorta di tutto ciò e incominciava a divertirsi nel mettermi a disagio.
Con tono molto di circostanza mi ero sentito dire che lei aveva deciso di prendermi al suo servizio per un periodo limitato, ma comunque sufficientemente lungo per rendere più proficuo il tempo che mi avrebbe dedicato nel’addestrarmi. Non capivo cosa aveva appena detto. Pensavo. ma si rende conto che io sono un uomo libero? si rende conto che non c’è più un rapporto D/s tra noi due?. Mentre continuavo a pensare queste cose lei mi diede improvvisamente uno schiaffo sul viso. Uno schiaffo che mi fece barcollare e che ritenevo del tutto fuori luogo. Ma io non dissi niente. Dalla mia bocca uscì soltanto un timido “mi scusi Signora, perché questo schiaffo?” Non solo le parole appena pronunciate, ma anche il tono mi erano uscite diverse da come avevo pensato che avrei reagito in una situazione simile. Da quel momento capì che stavo perdendo la partita e che la signora stava riprendendo il controllo su di me. Lei aggiunse: “questo fine settimana presentati da me e da quel momento inizierà il tuo periodo di schiavitù, che durerà sei mesi interi durante i quali non sarai altro che uno schiavo assoluto. Per sei mesi rimarrai al mio servizio, a casa mia. Ovviamente sei libero di accettare o meno: ma questa è l’unica libertà che avrai per tutti i sei mesi se deciderai di presentarti. Naturalmente se non ti presenterai io mi dimenticherò di te.
Io sapevo che era una cosa sbagliata, che non avrei dovuto presentarmi a casa sua. Eppure nei giorni che ci separavano dal fine settimana in cui mi sarei dovuto presentare continuavo a lottare con i miei sentimenti, perché in fondo in fondo mi dicevo che quello che mi era stato proposto era stata una delle mie fantasie più ricorrenti e quando mai mi sarebbe capitata un’altra possibilità come quella. Prima di lasciarci, la padrona aveva puntualizzato che il significato di schiavitù assoluta voleva dire proprio quello e che del resto avevo già provato durante quei tre giorni che avevo vissuto un anno prima. Da una parte volevo fuggire proprio perché durane quei tre giorni la padrona mi aveva costretto a fare cose che non avrei mai pensato di fare.
L’umiliazione che avevo provato a seguito di quella continua degradazione mi feriva ancora.
Ma allo stesso tempo sapevo che proprio quel potere che la padrona aveva esercitato su di me era proprio ciò che continuava ad attrarmi.  Sapevo che ala fine mi sarei presentato da lei.

VIAGGIANDO IN MACCHINA

        Viaggiando in macchina

In macchina mi fece sedere sul sedile posteriore, sebbene dovessimo andare da soli da qualche parte non obiettai e mi ci sedetti…  stavolta però mi legò le mani dietro la schiena e le bloccò contro il sedile e poi allacciò la cintura di sicurezza… contrariamente a quanto potessi mai sopportare, ora che non potevo muovermi, mi infilò sulla testa una parrucca, orecchini e rossetto… mi aveva promesso che non sarebbe mai successo che io andassi in giro in quel modo col rischio che qualcuno potesse vedermi, ma non so perchè lo abbia fatto… ero immobile, non potevo in nessun modo nemmeno togliermi nulla, intanto il cuore era prossimo all’infarto… girammo per una quindicina di minuti, durante i quali cercavo di nascondermi chinandomi, ma le mani dietro la schiena rendevano la cosa impossibile. Ci fermammo in una zona non esattamente appartata quando salì davanti qualcuno… a questo punto il cuore si era fermato completamente, volevo scomparire seduta stante dal mondo… era troppo… Vi salutate e subito Lei mi presenta… “lei è la troia di cui ti parlavo… e probabilmente adesso non riesce a parlare perchè si vergogna”… ridete, la Sua amica mi saluta e io riesco solo a fissare paralizzata in avanti… la Sua amica è ancora girata e riesce a dire “è caruccia! Fammi andare accanto a vederla da vicino!”… e cambia di posto…
Si siede accanto a me, chiude la portiera e mi si avvicina… respiro a malapena mentre il cuore pompa come se dovesse farmi correre la maratona di Boston…non avevo per quale motivo mi avesse fatto indossare una felpa sopra il corsetto che comprammo assieme, ma di lì a poco mi divenne abbastanza chiaro… mi aprì la felpa e scoprì il corsetto… “ma guarda che hai fatto un bellissimo lavoro” Le dice sorridendo, decisamente divertita… “e sotto?”… mentre la Sua mano si sposta in basso verso le mie parti intime… Le rispose sorridendo e con una naturalezza che riesce ad uccidermi con due sole parole… “se fosse un uomo, sarebbe anche ben dotato… peccato che sia una vacca!” entrambe ridete mentre la mano della Sua amica non smette di muoversi risvegliando le parti più intime avvolte in un paio di collant a vita alta facendomi iniziare ad annaspare… non smette finchè non è completamente sveglio, prima di smettere e dire… “però… che spreco!” e sorride, prima di scendere nuovamente dalla macchina e rimettersi sul sedile davanti… lasciandomi con la felpa aperta e i pantaloni slacciati con i collant in piena vista… provo a balbettare qualcosa nell’intento di chiedere se potevate richiudermi almeno la felpa, ma nulla di fatto… la Vostra naturalezza nel lasciarmi lì contrasta infinitamente con la mia vergogna e il mio bisogno di potermi ricomporre, e magari nascondermi due metri sotto terra…
In un momento la conversazione ritorna sulla mia persona, forse perchè avevo trovato un modo per acquietarmi e cercare di dare meno nell’occhio possibile.. così il cuore ritorna a correre come una locomotiva a carbone, mancherebbe solo il vapore che sfoga dalle orecchie per il caldo che provo… ancora qualche apprezzamento sulla Sua capacità di riuscire a mettermi sotto i Suoi piedi con la sola presenza o con il solo sguardo… la Sua voce mi trafisse come un giavellotto che piove dal cielo… “pensa che stava in castità per mesi anche quando era con la moglie…”… l’ironia misto a stupore inondavano la mia umiliazione più totale… “… e alla fine le ho proibito di godere.” si girò verso di me sorridente, con un sorriso divertito e compiaciuto che mi fece diventare credo viola in viso… “la vacca viene munta, ma non gode come gli uomini. Può godere solo come una troia!”… I battiti diventano pugni mentre quelle parole vengono pronunciate… ma a rincarare la dose arriva la voce della Sua amica… “beh dai, però peccato non usarlo!”… a questo punto ho perso completamente il senso di spazio e tempo, e mi ritrovo a cadere senza poter cadere… le gambe tremano, sento la mente staccarsi completamente dal corpo, strizzata fuori come il succo da un’arancia contro uno spremiagrumi… “e chi dice che non si può usare? Basta non farla godere! Se no che troia è?!” la risata si propaga nella macchina, silenziosa, ma nella mia testa fragorosa come un fulmine che cade accanto al piede… “guarda che se vuoi farci un giro, basta dirlo”… la Sua amica si morde il labbro inferiore guardandomi annaspare… o forse non resipro nemmeno più, poi si gira maliziosamente verso di Lei… “si può?”… Lei armeggia un po’ nella borsa, e tira fuori un astuccio fucsia… “mettile questi, e divertiti!”… di nuovo scende dalla macchina, la vedo con la coda dell’occhio aprire l’astuccio, gira attorno alla macchina e si siede… “sei diabolica!” e sorride… si gira verso di me, e senza curarsi troppo della mia espressione completamente scioccata e paralizzata abbassa i collant… mi prende in mano, troppo agitata per essere agitata… infila alla base un anello di silicone, che riconosco… è una specie di gabbietta che stringe alla base i genitali, e più l’eccitazione è intensa, maggiore è la stretta… la sento stringere bene, per poi accarezzarmi… l’eccitazione inizia a diventare incontrollabile, sento gli anelli stringere alla base… mentre arriva il secondo giocattolo, una gabbietta sempre in silicone che mi infila fino alla base… morbida, ma fa il suo lavoro di stringere negando l’orgasmo, e prolungando la sopportazione, per non parlare dell’intento di dare maggiore piacere al partner… terzo ingrediente… un anello, in metallo da mettere alla base della punta… e questo lo conosco…mantiene una certa stretta attorno all’organo, bloccando la sua forma e posizione, ma soprattutto causando un certo dolore quando è troppo sollecitato… alla fine su tutto… uno… poi due preservativi… io tremo sul sedile, incapace di muovermi e di scappare… e poi scappare dove, con quei vestiti… perchè nel frattempo la felpa era sparita nel baule, quindi non potevo nemmeno più coprirmi… la cintura di sicurezza si slaccia, e la portiera si apre… l’aria fresca dell’esterno mi fa sentire come se stessi per svenire mentre davanti a me c’è la Sua amica… “dai su cagna.. lecca un po’…”… mi avvicino e obbedisco, leccando l’intimo della Sua amica stando in ginocchio davanti a lei, mentre sento Lei passarmi dietro e mettermi il collare al collo e attacarci subito un guinzaglio… dopo pochi istanti mi allontana la testa e mi costringe di nuovo a sedermi sul sedile… si siede sopra di me e lentamente mi si siede sopra… penetrandosi lentamente mentre il mio respiro viene meno a causa del dolore che inizia a farsi sentire a causa dei vari anelli… la sento sorpirare mentre inizia a muoversi su e giù prendendosi quel momento tutto per se, mentre i miei occhi si chiudono per sopportare in silenzio quel crescente dolore che diventa sempre più forte e pulsante… i movimenti continuano e il respiro della Sua amica incrementano… una mano mi prende il viso e mi costringe ad aprire gli occhi per ritrovarmi i suoi occhi dritti su di me ricolmi di lussuria… “non è che stai godendo, vero troia?”… i muscoli si contraggono intensamente e una vampata di sangue affluisce al mio sesso, facendomi mugolare sommessamente, ma evidentemente percepito dalla donna che mi stava sopra… che inizia a pizzicarmi anche i capezzoli mentre continua a montarmi, mentre io continuo a contenere i guaiti strozzandoli in gola… ma non dura molto, quando la lussuria pervade la Donna che mi tira uno schiaffo sonoro dicendo “fatti sentire, fai sentire come ti piace, cagna!”… ancora una contrazione, quasi un crampo, mentre un profondo e lungo guaito esce  dalle mie labbra… mentre lentamente la Donna raggiunge l’orgasmo e si ferma su di me… il suo sguardo è sorridente ed appagato, con la sua mano sinistra mi costringe a guardare alla mia sinistra… “sorridi!”… C’è Lei sulla porta, con un telefono in mano, che riprende quella scena… la Sua amica si avvicina al mio viso, mi da un bacio sulla guancia e sussurra all’orecchio “indovina di chi sei la troia?” si solleva su di me, lasciandomi fissare l’obiettivo del telefono e il Suo viso sorridente, mentre sento cadere un goccione di saliva sull’occhio… la Sua amica mi ha sputato sul viso prima di alzarsi… mi spostò quanto basta per accomodarmi di nuovo sul sedile dietro quello del passeggero, mentre si è seduta per parlare con Lei, mentre Vi fumate una sigaretta… mentre lacrime e la saliva della Sua amica mi scorrono lungo le guance, e il cuore batte come un forsennato per la ripresa telefonica…
Vi risiedete davanti in macchina, lasciandomi lì in quello stato ancora, senza nemmeno troppo curarvi del mio stato d’animo… la Sua voce non ha mai abbandonato i miei pensieri, ma una frase mi ha fatto gelare il sangue nelle vene: “tieni, il tuo telefono… credo di aver ripreso bene” e sorride… e passa quel telefono che riprendeva alla Sua amica… Vi girate verso di me, entrambe sorridenti mentre io ancora ansimo e annaspo, nella vergogna più totale mista a paura per il filmato su quel telefono… la Sua amica sta osservando lo schermo, quando sento iniziare la riproduzione… rantoli e mugolii di dolore fanno da sottofondo mentre vedo la Sua amica gira il mio viso verso il telefono e mi sputa sulla guancia… è la Sua voce quella che uccide completamente ii mio autocontrollo: “ora ti conviene fare la brava: fai la troia che sei con me, e chi voglio io… ma se non vuoi che altri vedano quanto sei puttana, cerca di non fare scherzi, chiaro?”…
Non mi rimane che annuire tremando e col terrore negli occhi…

RINGRAZIA


Ringrazia



Era appena terminata una festa a cui mi invitò a partecipare, organizzata da tre ragazze trav di Sua conoscenza. Durò parecchio, Lei si divertì molto perchè organizzata molto bene e piena di particolari ben curati.
Alla fine della festa mi persuase a farmi truccare dalle Sue conoscenti, le quali si dilettarono in make-up a go go, e parrucche sontuose. Lei era accanto ad osservare, mentre le loro mani mi acconciavano e mettevano “a punto”. Quando hanno terminato il Suo commento fu di apprezzamento, Le piaceva il loro stile, e Le è piaciuto il modo in cui mi hanno messo. Mi lasciò così per un’oretta, durante la quale rimanemmo a fare quattro chiacchere… beh… voi le faceste, perchè io non riuscivo a muovermi… al termine della festa le Sue parole stravolsero completamente il mio stato d’animo… che pensavo non potesse essere più stravolto di così
– Grazie ragazze, serata splendida! Ringrazia anche tu! – si rivolse verso di me
Spiccicai un ringraziamento cercando di respirare, valutando quando e come potermi riportare in condizioni di uscire per strada, ma il ringraziamento era sincero.
– Ringrazia bene piccola… – sorrise rivolgendosi a me, e iniziai a sentirmi smarrita…
– Ma ti pare, è stato un piacere poterti ospitare! – rispose una delle ragazze
– Il piacere è stato mio, e voglio ringraziarvi – sorrideva sempre – avanti, in ginocchio. Ringrazia le nostre ospiti
Gelai di colpo, e piombò il silenzio totale.
– Davvero, non c’è bisogno… la Tua sola presenza ci onora! – mentre le due amiche annuivano
– No no, insisto – rispose Lei, spingendomi avanti, e inconsapevolmente facendomi cadere in ginocchio – una festa cosi bella, merita un finale all’altezza.
In un imbarazzo generale, le ragazze si guardarono e risposero rispettosamente – Grazie Signora – quasi all’unisono, mentre la prima si avvicinò a me e, con meno inibizione di quanta ne abbia io, sollevò la gonna, mostrandosi le parti intime.
– Avanti piccolina, ringrazia
E mentre il cuore saltava in gola e mi impediva di respirare, aprii leggermente la bocca sentendo il calore del corpo altrui sfiorarmi le labbra, e accompagnarvisi dentro… Sentii il corpo caldo sfiorare la lingua diventando man mano sempre più turgido e presente mentre timidamente le labbra si chiudevano attorno ad esso. Lo sentivo muoversi lievemente avanti e indietro, ad invitarmi di assecondare quel movimento, cosa che iniziai a fare leggermente, fino poi a muovermi lentamente sentendolo scorrere avanti e indietro, toccare il palato e la bocca in profondità da quel corpo morbido ma allo stesso tempo duro e caldo.
– sapete, è il suo primo pompino vero! – rise nel dirlo mentre la Sua mano mi accarezzava la testa.
Sentendo quelle parole deglutii, con il sesso in bocca… Lo sentii ingrossarsi leggermente e spingersi dentro a quel gesto, accompagnato da  un mugolio provenire dall’alto sopra di me. Una mano si appoggiò sulla mia testa ed iniziò ad accompagnarla avanti e indietro, spingendosi sempre più profondamente in gola. Il sospiro divenne um mormorio, il sesso diventava sempre più spesso ingrossato ogni volta che il sangue vi affluiva più intensamente, e sempre più premente dentro la mia bocca. Finchè non percepii la contrazione che precede l’orgasmo e l’istinto fu quello di ritrarmi da quella posizione, sentendo che la mano della ragazza che mi stava davanti aveva mollato la presa. La sentii sospirare intensamente, forse tremare, ma un’altra mano mi spinse in avanti costringendomi a ritornare con il sesso che spingeva contro la gola.
La mano premeva la bocca contro il corpo della ragazza, mentre questa veniva presa dall’orgasmo e iniziava a inondarmi la gola e la bocca dei suoi umori che invadevano la mia bocca, scorrendo in gola e stuprando le mie papille gustative con un sapore che mi fece isatantaneamente venire le lacrime agli occhi. Sopra di me un gemito di piacere, mentre la mano ancora mi teneva al suo posto, finchè gli spasmi non finirono e non fuoriuscì l’ultima goccia di seme.
– grazie Signora – disse con la voce spezzata di chi ha appena goduto di piacere – la Sua classe e gentilezza è sempre fuori dal comune… E anche lei è… Capace! – sogghignò senza cattiveria
Sentii la mano allentare la presa mentre mi riprendevo, col fiato interrotto da colpi di tosse e singhiozzi, non riuscii a guardare altro se non il pavimento.
– ma pensa… La troia è portata a spompinare – rise fragorosamente, accarzzandomi la testa, da che capii di chi fosse la mano che mi tratteneva – continuiamo a ringraziare allora!
Altre gambe si fermarono davanti a me, il sesso già eretto probabilmente per lo spettacolo di prima. Lo presi in bocca, ancora  ricolma del sapore di prima. La mano sulla mia testa, appoggiata seguiva i movimenti delicatamente mentre ripetevo il rituale, fino al raggiungimento del secondo orgasmo che mi esplose in bocca copiosamente, tanto da farmene uscire un po’ e scendere lungo il mento e il collo.
Arrivò il turno della terza ragazza, che si insinuò in bocca, e stavolta con entrambe le mani sulla mia testa mi accompagnava sempre più giù, spingendosi sempre più in profondità quasi a volermi violentare la gola. E quando fu il suo momento, mi spinse il proprio sesso così in profondità che sentii inondarmi direttamente la gola, mentre le sue mani mi tenevano fermamente salda in posizione.
Quando il tutto finì, non riuscivo a muovermi, mentre Lei salutava le gentili ospiti, io rimasi ancora in ginocchio a fissare il pavimento in preda a una vergogna che non avevo mai provato prima.



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