venerdì 27 novembre 2020

CAPITOLO III

 

Traballo sui miei tacchi mentre mi sposto da una stanza all’altra per riuscire a finire tutti i compiti assegnatimi. Il dolore bruciante che avverto al sedere, frutto del brutale recente trattamento non mi aiuta e ancor meno mi aiuta la paura di non farcela. La Padrona ha guardato un po’ di televisione, fatto un paio di telefonate. In qualche occasione è entrata nel locale dove mi trovavo e subito mi sono prostrato faccia a terra, ma non ha mai infierito su di me, se non in una occasione quando si è fermata torreggiante davanti a me, ha poggiato il piede nudo su una mia mano a terra e ha iniziato a schiacciare con forza. Lo ha fatto senza dire una sola parola, per il solo gusto di procurarmi nuovo dolore, poi dopo un minuto il divertimento le è venuto a noia e si è allontanata. Muovo le dita cercando di darmi sollievo ma è vera gioia quando avvicinando il dorso al viso riesco a cogliere un lieve sentore del profumo del suo piede. E sorrido mentre riprendo a zampettare su è giù per casa.
Sono da poco passate le 18 quando sento Lady Martina entrare nel bagno che ho appena pulito. E’ suo volere che tutto venga igienizzato almeno 3 volte al giorno, al mattino presto, nel pomeriggio e la sera dopo cena e sono molto scrupoloso in questo compito. Ma qualcosa stavolta non è andato bene, perché dopo appena un minuto la sento aprire con furia la porta, raggiungermi in cucina e scatenare la sua rabbia. “Maledetta puttana!” mi investe prendendomi per un orecchio con forza e trascinandomi dietro di lei ”Ma che razza di schifoso animale sei?
Io non capisco cosa stia accadendo, la Padrona mi trascina con forza e non riesco a stare in piedi sui tacchi e devo appoggiarmi a qualcosa per non cadere. Quando arrivo all’uscio sbatto contro lo stipite e capisco il perché della sua rabbia. Il pavimento è pieno di urina con anche due strappi di carta igienica nel mezzo. Capisco subito la trappola che mi ha teso e a cui non posso ribellarmi. Lady Martina quasi mi strappa il lobo mentre mi spinge dentro e poi a terra col viso fino a toccare il pavimento. “Fai schifo! Tu sarai abituata a vivere in un letamaio, perché sei una bestia! Ma io no… baldracca!

Mi strofina la fronte e il naso sul piscio poi lascia il mio orecchio e mi strattona i capelli per rialzarmi la testa. Quando arrivo ad incrociarne lo sguardo mi sputa in faccia e inizia a prendermi a ceffoni. Una sberla, un manrovescio, una sberla, un manrovescio, una sberla… tutti dati a mano piena e con forza. Il viso dopo pochi colpi inizia a bruciare. Sono sconvolto da quel trattamento tanto duro, dalla sua collera per un qualcosa che non avevo commesso, ma lei la Padrona e fa quello che vuole e ha sempre ragione. La guardo negli occhi sperando vanamente di incrociare un segno di compassione. Solo quando si è sfogata mi sbatte a terra con violenza facendomi crollare col viso nella pozza di urina. “Adesso lecchi e mangi tutto scrofa… e questa sarà la tua cena, adatta ad un animale quale sei!”. Inizio ad obbedire ma vuole darmi ancora una segnale della sua stizza e del disprezzo che prova per me; mi appoggia un piede sulla nuca e mi schiaccia la faccia a terra premendo con forza e roteando il piede come se stesse spegnendo un mozzicone. Il viso mi si piega in modo innaturale, gocce di urina mi entrano nel naso, inizio a tossire, gemo come un cane impaurito. Lei mi regala ancora un calcio in testa poi la sento allontanarsi alle mie spalle. Non ho il coraggio di controllare se è uscita dal bagno ma mi limito ad spirare il liquido salato da terra e a mangiare i due pezzi di carta, con cui evidentemente si è pulita, completamente fradici.
Impiego quasi un quarto d’ora a risucchiare da terra quasi tutto e a leccare con cura il pavimento. Alla fine lavo tutto col cencio e il detersivo e mentre lo faccio il mio sguardo incontra lo specchio. Dio come mi ha ridotto. La faccia è rossa e gonfia, gli occhi sono semichiusi, i capelli ridotti a spaghi infradiciati di urina. Una lacrima inizia a scendermi lungo una guancia.
Cerco di sistemarmi un po’, anche se il bagno mi è consentito solo al mattino. Mi ricompongo e sciacquo il viso provando a darmi un aspetto decente. Poi torno alle mie attività di sguattero e alla preparazione della cena. Preparo il tavolo per la Padrona e metto come sempre la mia ciotola accanto e spero almeno di poter mangiare qualcosa quando, durante il pasto, la vedo gettarvi dentro gli avanzi. Invece, sprezzante, alla fine va al cestino dell’immondizia e vi versa il contenuto dentro. Quindi si pone davanti a me, prende la ball-gag e me la fissa tirando con forza le cinghie sulla bocca, bloccandole con un lucchetto. Nel farlo mi sibila: “Senza cena, troia! E questa perché saresti capace di mangiare dall’immondizia.” Mi solleva il viso prendendomi dal mento con una mano e mi fissa con un ghigno crudele: “Sei patetico… sei ridiciolo… mi fai veramente schifo….” E a queste parole aggiunge un ceffone violento che mi fa girare la testa. La vedo allontanarsi sentendomi completamente sconfitto e umiliato.


Pulisco tutto, riordino la cucina lavandone da stamattina per la terza volta il pavimento e mi sento sfinito, provato non solo fisicamente ma anche mentalmente dopo tutte le degradazioni che ho subito. Quando sento il campanello della Padrona che mi chiama a se vorrei piangere, non riesco ad accettare altre offese, altre vergogne. Ma devo obbedire e la raggiungo nel salotto. Lei è comodamente seduta su una poltrona, con le sue estremità poggiate su un tavolino e sta guardando la televisione. “Leccami i piedi” mi ordina e queste tre parole cambiano la mia vita. Perché io amo alla follia i piedi di Lady Martina e non cammino ma corro verso di loro, mi inginocchio, attendo che la Padrona mi tolga la ball-gag ed inizio ad adorarli. Mi soffermo qualche secondo a respirarne quel profumo dolcissimo prima di baciarli con vero, sincero, assoluto amore. Le mie passioni… e stavolta la lacrima che sento scendere è di assoluta gioia. Venero con cura le sue piante larghe e vissute con la pelle dei calcagni e sotto i metatarsi leggermente ispessita. Mi soffermo sulla cicatrice che adorna la parte interna della caviglia destra e idolatro il braccialetto dorato che orna il collo del piede sinistro. “Vi amo…amori miei…vi amo!” vorrei urlarlo perché queste perfezioni assolute sono ciò che da il senso alla mia vita. Perdo il senso del tempo mentre lecco le piante, tra le sue dita, i dorsi di quelle estremità meravigliose. Io adoro Lady Martina Kobra, la venero… Lei è tutto per me. Vorrei stare qui per sempre, a divinizzare questi piedi che abbraccio, bacio, mi struscio sul viso, mi conficco in bocca.
Quando lei si stufa e mi scalcia con una tallonata sul viso e un crudo “Sparisci, vacca!” mi allontano da quegli splendori tornando verso la mia stanzetta. Nel corridoio mi rendo conto di aver passato quasi 2 ore coi miei amori, la serata più bella della mia vita.




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