Traballo sui miei tacchi mentre mi sposto da una stanza
all’altra per riuscire a finire tutti i compiti assegnatimi. Il dolore
bruciante che avverto al sedere, frutto del brutale recente trattamento non mi
aiuta e ancor meno mi aiuta la paura di non farcela. La Padrona ha guardato un
po’ di televisione, fatto un paio di telefonate. In qualche occasione è entrata
nel locale dove mi trovavo e subito mi sono prostrato faccia a terra, ma non ha
mai infierito su di me, se non in una occasione quando si è fermata
torreggiante davanti a me, ha poggiato il piede nudo su una mia mano a terra e
ha iniziato a schiacciare con forza. Lo ha fatto senza dire una sola parola,
per il solo gusto di procurarmi nuovo dolore, poi dopo un minuto il
divertimento le è venuto a noia e si è allontanata. Muovo le dita cercando di
darmi sollievo ma è vera gioia quando avvicinando il dorso al viso riesco a
cogliere un lieve sentore del profumo del suo piede. E sorrido mentre riprendo
a zampettare su è giù per casa.
Sono da poco passate le 18 quando sento Lady Martina entrare nel bagno che ho
appena pulito. E’ suo volere che tutto venga igienizzato almeno 3 volte al
giorno, al mattino presto, nel pomeriggio e la sera dopo cena e sono molto
scrupoloso in questo compito. Ma qualcosa stavolta non è andato bene, perché
dopo appena un minuto la sento aprire con furia la porta, raggiungermi in
cucina e scatenare la sua rabbia. “Maledetta puttana!” mi investe
prendendomi per un orecchio con forza e trascinandomi dietro di lei ”Ma che
razza di schifoso animale sei?”
Io non capisco cosa stia accadendo, la Padrona mi trascina con forza e non
riesco a stare in piedi sui tacchi e devo appoggiarmi a qualcosa per non
cadere. Quando arrivo all’uscio sbatto contro lo stipite e capisco il perché
della sua rabbia. Il pavimento è pieno di urina con anche due strappi di carta
igienica nel mezzo. Capisco subito la trappola che mi ha teso e a cui non posso
ribellarmi. Lady Martina quasi mi strappa il lobo mentre mi spinge dentro e poi
a terra col viso fino a toccare il pavimento. “Fai schifo! Tu sarai abituata
a vivere in un letamaio, perché sei una bestia! Ma io no… baldracca!”
Mi strofina la fronte e il naso sul piscio poi lascia il
mio orecchio e mi strattona i capelli per rialzarmi la testa. Quando arrivo ad
incrociarne lo sguardo mi sputa in faccia e inizia a prendermi a ceffoni. Una
sberla, un manrovescio, una sberla, un manrovescio, una sberla… tutti dati a mano
piena e con forza. Il viso dopo pochi colpi inizia a bruciare. Sono sconvolto
da quel trattamento tanto duro, dalla sua collera per un qualcosa che non avevo
commesso, ma lei la Padrona e fa quello che vuole e ha sempre ragione. La
guardo negli occhi sperando vanamente di incrociare un segno di compassione.
Solo quando si è sfogata mi sbatte a terra con violenza facendomi crollare col
viso nella pozza di urina. “Adesso lecchi e mangi tutto scrofa… e questa
sarà la tua cena, adatta ad un animale quale sei!”. Inizio ad obbedire ma
vuole darmi ancora una segnale della sua stizza e del disprezzo che prova per
me; mi appoggia un piede sulla nuca e mi schiaccia la faccia a terra premendo
con forza e roteando il piede come se stesse spegnendo un mozzicone. Il viso mi
si piega in modo innaturale, gocce di urina mi entrano nel naso, inizio a
tossire, gemo come un cane impaurito. Lei mi regala ancora un calcio in testa
poi la sento allontanarsi alle mie spalle. Non ho il coraggio di controllare se
è uscita dal bagno ma mi limito ad spirare il liquido salato da terra e a
mangiare i due pezzi di carta, con cui evidentemente si è pulita, completamente
fradici.
Impiego quasi un quarto d’ora a risucchiare da terra quasi tutto e a leccare
con cura il pavimento. Alla fine lavo tutto col cencio e il detersivo e mentre
lo faccio il mio sguardo incontra lo specchio. Dio come mi ha ridotto. La
faccia è rossa e gonfia, gli occhi sono semichiusi, i capelli ridotti a spaghi
infradiciati di urina. Una lacrima inizia a scendermi lungo una guancia.
Cerco di sistemarmi un po’, anche se il bagno mi è consentito solo al mattino.
Mi ricompongo e sciacquo il viso provando a darmi un aspetto decente. Poi torno
alle mie attività di sguattero e alla preparazione della cena. Preparo il
tavolo per la Padrona e metto come sempre la mia ciotola accanto e spero almeno
di poter mangiare qualcosa quando, durante il pasto, la vedo gettarvi dentro
gli avanzi. Invece, sprezzante, alla fine va al cestino dell’immondizia e vi
versa il contenuto dentro. Quindi si pone davanti a me, prende la ball-gag e me
la fissa tirando con forza le cinghie sulla bocca, bloccandole con un
lucchetto. Nel farlo mi sibila: “Senza cena, troia! E questa perché saresti
capace di mangiare dall’immondizia.” Mi solleva il viso prendendomi dal
mento con una mano e mi fissa con un ghigno crudele: “Sei patetico… sei
ridiciolo… mi fai veramente schifo….” E a queste parole aggiunge un ceffone
violento che mi fa girare la testa. La vedo allontanarsi sentendomi
completamente sconfitto e umiliato.
Pulisco tutto, riordino la cucina lavandone da stamattina
per la terza volta il pavimento e mi sento sfinito, provato non solo
fisicamente ma anche mentalmente dopo tutte le degradazioni che ho subito.
Quando sento il campanello della Padrona che mi chiama a se vorrei piangere,
non riesco ad accettare altre offese, altre vergogne. Ma devo obbedire e la
raggiungo nel salotto. Lei è comodamente seduta su una poltrona, con le sue
estremità poggiate su un tavolino e sta guardando la televisione. “Leccami i
piedi” mi ordina e queste tre parole cambiano la mia vita. Perché io amo
alla follia i piedi di Lady Martina e non cammino ma corro verso di loro, mi
inginocchio, attendo che la Padrona mi tolga la ball-gag ed inizio ad adorarli.
Mi soffermo qualche secondo a respirarne quel profumo dolcissimo prima di
baciarli con vero, sincero, assoluto amore. Le mie passioni… e stavolta la
lacrima che sento scendere è di assoluta gioia. Venero con cura le sue piante
larghe e vissute con la pelle dei calcagni e sotto i metatarsi leggermente
ispessita. Mi soffermo sulla cicatrice che adorna la parte interna della
caviglia destra e idolatro il braccialetto dorato che orna il collo del piede
sinistro. “Vi amo…amori miei…vi amo!” vorrei urlarlo perché queste
perfezioni assolute sono ciò che da il senso alla mia vita. Perdo il senso del
tempo mentre lecco le piante, tra le sue dita, i dorsi di quelle estremità
meravigliose. Io adoro Lady Martina Kobra, la venero… Lei è tutto per me.
Vorrei stare qui per sempre, a divinizzare questi piedi che abbraccio, bacio,
mi struscio sul viso, mi conficco in bocca.
Quando lei si stufa e mi scalcia con una tallonata sul viso e un crudo “Sparisci,
vacca!” mi allontano da quegli splendori tornando verso la mia stanzetta.
Nel corridoio mi rendo conto di aver passato quasi 2 ore coi miei amori, la
serata più bella della mia vita.