CAPITOLO VII
Nei giorni precedenti era già capitato un paio
di volte che la Padrona ricevesse sue amiche, tutte Mistress come lei e di
fronte alle quali non mi ha risparmiato nessuna umiliazione e nessun insulto.
Ho sempre accettato tutto, quasi assurdamente fiero del mio essere sottomesso e
del mostrare anche alle sue conoscenti quanto grandi fossero la mia obbedienza
e la mia devozione.
Non mi ha quindi stupito l’annuncio, che mi ha rivolto poco prima di pranzo,
che nel pomeriggio ci sarebbe stata una visita. Né sono rimasto sorpreso dal
fatto che mi abbia tenuto a digiuno, una pratica usata spesso da quando sono al
suo servizio in quanto dice che sono grasso come una scrofa.
Una volta terminato il suo pasto, dopo aver diligentemente pulito la cucina, ho
approfitto del suo solito riposo pomeridiano per dedicarmi alla sua scarpiera.
E’ un atto che faccio frequentemente ma che ogni volta mi regala emozioni
incredibili. Io amo letteralmente le calzature di Lady Martina e lei ne ha una
quantità spropositata. Sabot, decolleté, stivali, sandali, dal tacco basso o
più alto ma tutte di grande classe e pregevolissima fattura. Per i suoi piedi
vuole solo il meglio e ne ha ben ragione. Adoro toccarle, averle tra le mani,
respirarne il profumo delicatissimo che emanano, pulirle dolcemente con attenti
colpi di lingua, asportare le piccole macchie nere di sudore e sporco che si
formano all’interno. Quando posso godere di questi attimi sono davvero in una
trance di piacere e devo stare attento per non perdere la cognizione del tempo.
Verso le 17 suona il citofono, la Padrona viene da me, mi fissa un guinzaglio
al collare e mi strattona sino alla porta di casa. Qui mi mette un piede in
testa costringendomi ad abbassarla sino a terra e immobili in quella posizione
aspettiamo che la sua amica salga. Quando entra si salutano calorosamente
mentre io rifletto di non aver mai sentito quella voce, un po’ bassa e l’unica
cosa che posso vedere dalla mia posizione sono i suoi piedi chiusi dentro un
paio di sandali eleganti dal tacco a tronchetto piuttosto alto.
Dopo i convenevoli la Padrona e la sua amica si sono dirette verso il salotto
con Lady Martina che mi trascinava come un cane per poi farmi accucciare con
due sordi colpi di frustino di fronte alla poltrona dove lei si è seduta comoda
poggiandomi i piedi in testa. Era incredibile come praticamente io non esista
per quelle due donne. Per circa mezz’ora parlano fittamente tra loro di eventi,
fatti e persone che nemmeno conoscevo mentre io cercavo di rimanere il più
possibile immobile, emotivamente travolto da quella assoluta indifferenza.
E’ la sua amica, ad un certo punto, a chiedere di me con uno sprezzante “Ma
quella chi è?”. “Una cagna che dovrei addestrare, ma finora senza
risultati” è la risposta della Padrona cui l’amica ribattè con un caustico
“Vedo…nemmeno mi ha salutata. Fosse mia le toglierei la pelle a frustate”.
L’ultima frase mi fa sussultare più del calcio con cui Lady Martina mi spinge
ad ossequiare la nuova venuta, apostrofandomi con spregio: ”Sentito troia?
Sei proprio una stupida incapace… ma ti farò pagare queste figure che mi fai
fare, scrofa!”. Mi sposto rapida e silenziosa accanto al divanetto dove
siede l’amica e inizio a leccarle con passione i sandali che indossava a piedi
nudi.
Lei pare soddisfatta del mio umile atto e dopo un po’, senza lasciare la fitta
conversazione, fa cadere le calzature presentandomi davanti al viso le sue
estremità. Sono belle, curate, molto femminili, con unghie laccate di rosso ed
emanano un odore leggermente pungente che anziché ripugnarmi mi attrae verso di
loro come un’ape al miele. Prendo a baciare quei piedi con solerzia, ansioso di
mostrare la mia obbedienza e disciplina, quasi a voler smentire i giudizi
negativi espressi poco prima su di me.
E’un secco “Sali, cagna” detto con sprezzo dalla amica, che intanto
avevo scoperto dai loro dialoghi chiamarsi Gloria, a farmi spostare con la
bocca prima verso le sue gambe tornite e perfettamente depilate, poi sulle
ginocchia e pian piano sulle cosce. Continuo a salire con lentezza esasperante
baciando devoto ogni centimetro di quella pelle, sino ad arrivare vicino alle
sue parti intime. E qui mi accorgo di chi sia veramente Gloria.
Arrivato coi miei baci sino all’inguine sfioro con la guancia le sue mutandine
e sotto sento un pezzo di carne dura che mi fa capire di aver adorato una
trans. Il suo “Posso usarla?” seguito dallo sprezzante “Fanne ciò che
vuoi, è una scrofa” di Lady Martina mi annichiliscono.
La sua amica divertita allunga una mano e scosta lo slip facendo uscire un pene
di dimensioni esagerate. Con una mano mi prende per i capelli avvicinandomi al
suo sesso e con l’altra inizia a schiaffeggiarmi ridendo percuotendomi proprio
con quell’asta dominate. “Apri la bocca, vacca” mi intima e dopo il mio
gesto obbediente mi infila il suo cazzo dentro spingendo con forza la mia testa
verso il suo inguine.
Me ne resto lì, inerme, con un pene enorme infilato in bocca, la cappella che
arriva in gola e io che a fatica trattengo i conati e respiro col naso cercando
di restare immobile. Il suo “Grazie Marty, mi serviva proprio un poggia
cazzi” seguito dalle loro risate è tutta l’attenzione che mi dedicano,
ignorandomi totalmente per la successiva mezz’ora in cui resto immobile
raccogliendo con le mani la bava che mi scende dalla bocca invasa da quell’asta
di carne mostruosa.
La Padrona e l’amica parlano a lungo mentre sento crescere il dolore alle
articolazioni della mandibola, totalmente spalancata per tutto il tempo.
Respiro l’odore delle sue parti intime e penso che mai forse sono stata
umiliata così nella mia vita e non solo per quel pene che viola una parte
intima di me, ma soprattutto per l’assoluta indifferenza con cui ciò avviene.
Quando per lei viene il momento di andarsene, Gloria si limita a flettere una
gamba e poggiarmi la pianta del piede in faccia spingendomi indietro sino a
farmi ruzzolare a terra. Non una parola, non un accenno a ciò che sono stata
per il suo membro in quella mezz’ora, ma solo un dialogo fitto fitto con Lady
Martina la cui unica attenzione nei miei riguardi è fissarmi il guinzaglio al
collare per trascinarmi dietro di lei sino alla porta dove le due amiche si
salutano . Quando l’uscio si richiude la Padrona mi prende per i capelli
facendomi sollevare il viso, mi guarda per un po’ con aria compassionevole
prima di sputarmi dritta in faccia e scalciarmi via a calci apostrofandomi con
un “Sei un essere patetico….fai schifo” dopo il quale non riesco a
trattenere qualche lacrima che cerco di nascondere abbassando umilmente la
testa.