mercoledì 14 ottobre 2020

CAPITOLO II

 Continuo il mio disgustoso pasto, lappando da terra ciò che Lady Martina ha deciso debba essere il mio pranzo. Avanzi, sputi, il mozzicone della sua sigaretta… raccolgo tutto. Ma non faccio in tempo a finire che il campanellino mi richiama all’ordine.

Affannato la raggiungo in salotto e appena la vedo il sangue mi si gela nelle vene. Sta indossando i suoi lunghi guanti di pelle nera e si appresta a scegliere l’attrezzo con cui mi regalerà un dolore insopportabile, per me inconcepibile, a cui non riuscirò mai ad abituarmi. Vengo scosso dal suo “Al tavolo vacca!” e a quell’ordine urlato con tanta foga non posso che rispondere con obbedienza. Mi avvicino al tavolo quadrato del salotto e fisso le cavigliere a due sue gambe per mezzo di un moschettone, quindi mi stendo a 90 gradi sopra bloccando con lo stesso sistema una mano. Sarà Lei a bloccarmi definitivamente a quel posto di tortura. E non impiega molto a farlo. Si avvicina, mi sfila il plug dall’ano, poi mi fissa una ball-gag in bocca per attutire le mie urla che verranno certo copiose. Infine blocca con un altro moschettone la mano ancora libera. Nelle sue mani vedo il “cane”, l’attrezzo che mi fa più paura, che ho già provato e di cui conosco troppo, troppo bene la capacità di instillarmi un dolore acutissimo che mi fa disperare prima ancora che il martirio inizi.

Pochi secondi poi il primo colpo arriva durissimo, Lady Martina non ha alcuna misericordia, non pensa a riscaldare la parte che punisce con un flogger, ma colpisce subito spietata e dura. Posso solo gemere con la bocca occupata da quella gag e sussultare sotto quella sferzata. Uno, due, tre,quattro colpi….io sobbalzo per il male e provo a concentrarmi sul contare quelle percosse, a volte irrigidendomi a volte lasciando molli i glutei. Ma ben presto perdo il conto di quelle sferzate, le sento solo arrivare una dopo l’altra, sommando dolore a dolore e scoppio a piangere.

Verso lacrime disperate e gemo senza vergogna e senza alcun ritegno, sussultando goffamente, mentre i colpi si succedono implacabili portandomi in un subspace dove anche quel dolore infinito mi sembra lontano, distante. E mi perdo in quella strana emozione.
Poi tutto cessa, Lady Martina si avvicina a me, mi solleva la testa e con disprezzo mi sputa in faccia mescolando la sua saliva alle mie lacrime. 
Poi sbatte con rabbia il “cane” sul tavolo accanto a me e si allontana.
Nella casa cala il silenzio. Io resto lì immobile. Lei, come ogni giorno, va a riposare a me non resta che restare lì a sopportare quel bruciore rabbioso che mi devasta i glutei, a pensare a tutti i lavori che devo ancora fare e che non posso eseguire e a come questo potrà portarmi a nuove punizioni
A Lady Martina piace frustarmi, a volte lo fa per castigarmi per una mia mancanza, altre volte, come oggi, solo per suo divertimento. Lei ama definirsi spietata e lo è veramente, non c’è pianto che la muova a compassione e ha la mano pesante e con qualunque strumento colpisca sa donare il dolore più penetrante, rabbioso che, per chi come me non è un masochista, diventa insopportabile, insostenibile.
Vorrei potermi massaggiare la parte martoriata per cercare un po’ di sollievo, ma sono immobilizzato e non posso far altro che restare lì, continuando a piangere e a pensare perché accetto tutto questo e conosco perfettamente la risposta. Perché tutto questo mi viene dato da Lady Martina Kobra, la donna che adoro, la dominatrice che ammiro da sempre, l’essere di cui riconosco l’incondizionata superiorità e che oggi ho la fortuna di servire e niente al mondo mi farà tornare indietro o pentire della scelta che ho fatto donandomi totalmente a lei. Per me Lady Martina è tutto e il solo pensiero di esserle vicino e di poterla venerare come merita mi fa superare ogni difficoltà e annulla ogni dubbio e ogni tentennamento.
Sono trascorse quasi due ore quando la porta della camera della Padrona si apre. Sono attentissimo a tutti i rumori della casa e la sento andare in cucina a bere qualcosa, poi in bagno a lavarsi i denti, quindi i suoi passi si avvicinano al salottino dove sono legato. Si limita a slegarmi con noncuranza la ball-gag e una mano, agli altri legami provvedo da solo prima di prostrarmi ai suoi piedi in attesa di ordini.
La sua mano mi afferra i capelli e mi fa sollevare in ginocchio alzandomi il viso sino ad incrociare il suo sguardo. “La tua Padrona è buona lo sai…” mi deride “… e ha preparato un regalo per te.” La vedo prendere un bicchiere con dentro un liquido biancastro schiumoso e porgermelo. Non serve nemmeno che assaggi per capire quale altra umiliazione mi sta infliggendo. Lo avvicino alle labbra ed inizio a sorseggiare i risciacqui della sua igiene orale mentre lei ride vedendomi sempre più soggiogato e pronto a tutto per essere suo schiavo. Alla fine abbasso lo sguardo e Lady Martina mi caccia con una pedata e uno “sciò” appena sussurrato.
Torno nella grande cucina, alle mie mansioni di sguattera. Devo ancora pulire il pavimento in cui ho mangiato, lavare i piatti e prima di sera devo trovare anche il tempo di lavare a mano il suo intimo e stirare. Mi affretto spaventato all’idea di cosa potrà accadermi se tutto non sarà eseguito in tempo e alla perfezione. Tra tanti compiti do precedenza alla ripulitura dei suoi stivali, perché se mai decidesse di uscire e li trovasse sporchi niente mi salverebbe dalla sua ira rabbiosa. Così mi inginocchio davanti alla sua monumentale scarpiera, non so quante paia di scarpe, sabot, sandali, calzature varie possieda; un vero paradiso per un feticista come me, ancor più perché appartengono a colei che adoro. Prendo gli stivali che le ho sfilato prima di pranzo e inizio a leccarli in silenzio e con una devozione assoluta. C’è vero, autentico amore in quelle lappate con cui mi consumo la lingua sulla tomaia leggermente sporca. Sto attento al bordo della suola, dove il sudiciume si annida ed è più difficile da rimuovere e al tacco largo e non particolarmente alto che lecco tutto attorno sino a vederlo brillare. E’ un lavoro lungo che richiede attenzione e cura e mi porta via quasi un quarto d’ora di quel tempo di cui oggi non ho a sufficienza. Solo alla fine mi è permesso usare un panno per provvedere alla lucidatura finale e quando ho terminato sono soddisfatto. 
Prima di riporli avvicino il viso all’interno ed inspiro con forza, inebriandomi di quel meraviglioso profumo misto tra cuoio e sudore della divina estremità della Padrona. E’ una fragranza lieve perché i piedi di Lady Martina non sono mai maleodoranti. Ripongo gli stivali e chiudo per un attimo gli occhi. Mi sento felice.

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