sabato 27 giugno 2015

DOMINARE LA MENTE




Dominare la mente! ^_^


Quel sabato mattina arrivai presto a casa sua e suonai il campanello. Lei sembrava che non avesse avuto mai alcun dubbio sula mia decisione. "Entra, è aperto" disse. Con un sorriso trionfante mi intimò: "sai quello che voglio, spogliati e mettiti in ginocchio davanti a me". Il rito non era cambiato. Quello che era cambiato era la mia consapevolezza che da quel momento, e per i successivi sei mesi, non sarei più stato Padrone della mia vita perché ogni decisione che mi avesse riguardato l'avrebbe presa lei. 

Le regole che mi dettò non lasciarono alcuno spazio al dubbio su quello che mi aspettava. Sapevo che avrei sofferto, sapevo che forse mi sarei pentito, ma sapevo anche che osservare il viso trionfante della mia Padrona rappresentava per me la più grande felicità che potevo provare."

La regola base era molto semplice: "Non farai nulla se prima io non ti ho autorizzato". Pensai che si
trattava di un modo di dire tipico in una relazione D/s. Ma di lì a poco incominciai a capire che non era soltanto un modo di dire. Lei intendeva quella frase in modo letterale. Infatti aggiunse: "Puoi respirare, perché è giusto che tu lo faccia, ma per il resto dai un taglio netto alle tue abitudini: mi chiederai permesso per qualunque cosa: come vestirti, cosa mangiare, quando riposarti, dove dormire, insomma tutto incluso anche per andare in bagno dovrai chiedermi il permesso."

Ero ancora in ginocchio, nudo davanti a lei, che sentì un rumore dietro di me. C'era evidentemente qualcun altro in casa, ma non sapevo chi fosse. "Vedi"  disse rivolgendosi alla persona sconosciuta alle mie spalle "ho deciso di prendere questa cagna al mio servizio per un po' di tempo, cosa ne dici?".  Senza aspettare risposta, si rivolse a me dicendomi: "tu dovrai ubbidire a me e  alla mia amica come se fossi io stessa.
 Non ammetto alcuna mancanza di rispetto nei confronti di nessuna amica o amico che io debba ricevere in questa casa. 
Tu sarai sempre e dico sempre una cagna sottomessa in ogni situazione".

Da una parte volevo dire basta, non volevo più essere uno schiavo a queste condizioni. Una cosa è essere schiavi totali per uno o due giorni e un'altra era pensare di trascorre sei mesi, il periodo di tempo per cui avevo accettato di servirla, nella qualità di schiavo totale. Per di più sentendomi dire che sarei dovuto essere sottomesso a chiunque entrasse in quella casa, le sue parole erano "sarai sempre e dico sempre una cagna sottomessa in ogni situazione".

 Trovavo quella frase inaccettabile. Ma per quanto volessi ribellarmi, non riuscivo a dire no. Anzi, nonostante il mio disappunto per quanto mi era stato detto, sentì crescere la mia eccitazione. Lei nel vedere la mia eccitazione, si mise a ridere, commentando:"ma guarda che cagna che si eccita per così' poco, sei proprio una troia." Io mi vergognavo della mia eccitazione ma non potevo nasconderla in quanto ero in ginocchio nudo davanti a lei.
Fu in quel momento che sentì arrivare una forte sberla sul viso.
Barcollai ma quasi contemporaneamente mi lasciai scappare un timido "perché".
Lei con aria severa gridò: "non ti avevo detto che non puoi fare nulla senza il mio permesso?. Chi ti ha dato il permesso di eccitarti.
Trovo questo tuo comportamento una grave mancanza di rispetto, ma ti passerà la voglia di disubbidire" Si rivolse alla sua amica che era ancora dietro di me per dirle di procedere e senza che avesse ancora finito la frase sentì che la sua amica mi cingeva il collo con un collare attaccato ad un guinzaglio.
Le due signore soddisfatte mi girarono intorno e ridacchiando commentarono tra di loro: "ecco, adesso si ricorderà di essere soltanto una cagna", In  quel momento notai le fattezze femminili della sua amica, che tuttavia avevano un qualcosa di diverso: era chiaramente una trav e il mio stupore lasciò presto il posto ad un disagio profondo.
 La padrona se ne accorse e ridacchiando, mi disse che era una sua amica e che benché uomo era pur tuttavia superiore a me perché aveva dato spazio al suo lato femminile e che perciò l'avrei dovuta servire e ubbidire come se fosse stata lei stessa. Pur provando un forte senso di ribellione rimasi in silenzio. 
Sentivo che la mia eccitazione cresceva per via delle parole della padrona, ma che allo stesso tempo tendeva a diminuire pensando alla presenza di questa sua "amica" che io non gradivo. "In ogni caso" continuava lei "accorgendosi del mio disagio per non dire disappunto, "che ti piaccia o no, tu farai quello che voglio io".
Poi continuò:   "comunque non ti permetterò di eccitarti per il tuo piacere". Sentì il guinzaglio che mi tirava in avanti e a quattro zampe fui costretto a seguire lei e la sua "amica" verso la stanza.
Iniziò così la mia vita da schiavo e nei mesi che seguirono imparai quali erano i miei compiti. La padrona e la sua "amica" non  lesinarono sforzi  per farmi capire il mio ruolo. I miei compiti spaziavano dai lavori domestici alla cura della padrona.
Servivo a tavola, servivo il caffè a letto alla padrona  e alla sua amica o al suo amico quando quest’ultimo trascorreva la notte con la Padrona.
 La Padrona si divertiva a vedermi umiliato e sottomesso dal suo amico così come da altre amiche che venivano a farle visita. Quando pulivo la casa dovevo farlo sempre in ginocchio. Lei diceva "sei una cagna, no?". Quando dovevo stare in piedi, oltre a dover chiedere il permesso, dovevo indossare le scarpe con tacco a spillo che mi aveva preso. Mi diceva: "vuoi stare in piedi, indossa le tue scarpe da troia, sei una troia, no?" Io dovevo sempre rispondere di sì. Ormai non mi permettevo alcun segno di insofferenza né tanto meno di ribellione: avevo imparato ad accettare il mio ruolo che poi era solo quello che in quel momento la Padrona voleva che fosse. E l’avevo imparato a forza di punizioni e umiliazioni che la Padrona si divertiva a farmi subire anche per la minima mancanza.

Ormai ero diventato parte del arredo della casa. Avevo incominciato a non desiderare nulla di diverso per me. Sapevo che nel giro di un paio di mesi la Padrona mi avrebbe liberato dal mio vincolo di schiavitù, ma arrivato a quel punto mi chiedevo se essere liberato era proprio quello che io desideravo. 









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